A domanda, risposta: l’innovazione made in Europe per ragionare di futuro dell’UE e competitività

A domanda, risposta: l’innovazione made in Europe per ragionare di futuro dell’UE e competitività

Ce lo chiede l’Europa! E meno male. Lo slogan più straparlato di sempre sull’Unione europea sembra essere tornato in voga. Del resto, non poteva essere diversamente con il clima di campagna elettorale nel vivo già da settimane, in vista delle elezioni dell’8 e 9 giugno e i lavori che a Bruxelles si apprestano a chiudere, per lasciare poi spazio alla nuova legislatura del Parlamento europeo. E a quelle che saranno le priorità della futura Commissione europea. 

In dirittura d’arrivo, è il sentiment a parlare per le istituzioni anche in questa tornata elettorale. E ci dice qualcosa in termini di innovazione e importanza. Guardiamo i dati. Per il 73% dei cittadini europei, le azioni dell’Unione europea hanno un impatto sulla loro vita quotidiana e per il 71% il proprio Paese trae vantaggio dall’appartenenza all’UE. È quello che emerge dall’Eurobarometro Primavera 2024, che ci dice che tra i cittadini europei c’è maggiore consapevolezza sull’importanza delle elezioni europee e, che in considerazione dell’attuale contesto geopolitico, il voto è ancora più importante (lo pensa l’81%). Sono dati in aumento rispetto al rapporto di Autunno 2023 e anche rispetto a quelli del 2019. L’intenzione di voto cresce, non solo tra gli europei (60%), ma anche tra gli intervistati italiani (59%) e, agli occhi della media dei ventisette Paesi UE, il Parlamento europeo racconta bene di sé: l’81% dei cittadini dell’UE ne ha un’immagine positiva o neutra (contro uno scarso 18% negativo) e un buon 56% vorrebbe che l’Assemblea di Strasburgo svolgesse un ruolo più importante. Perché, per quattro cittadini su dieci, il ruolo dell’Unione europea è diventato più importante negli ultimi anni. 

Chiudendo la parentesi dei dati, ecco che sì: ce lo chiede l’Europa.

Ed è l’Europa dei cittadini, cui l’Unione europea guarda – e coinvolge – nella realizzazione delle politiche che ad oggi costituiscono il progetto europeo, in termini di integrazione e di sviluppo e innovazione. Sono proprio i cittadini, quindi, a parlare per l’Europa e di Europa, protagonisti come lo sono stati in questi ultimi anni nei panel di discussione per indicare alle istituzioni europee gli input da cui partire per definire il futuro dell’Unione europea. Come hanno fatto, per esempio, con gli European Citizens Panel on Virtual World, i panel dei cittadini sui mondi virtuali, durante i quali hanno formulato raccomandazioni sui valori e le azioni necessarie per creare “mondi virtuali europei attraenti ed equi” e che supporteranno il lavoro della Commissione europea sui mondi virtuali e il futuro di Internet.

Il digitale accompagna costantemente le nostre vite, arricchendole e offrendoci risorse e strumenti nuovi per rispondere alle sfide di innovazione, e chiedendo allo stesso tempo competenze e trasversalità in nuovi e più settori. Come nel caso della salute, dove il digitale può fare – e già fa – la differenza, non solo con la telemedicina e gli ausili che questa rende possibili, ma anche con la capacità di uno spazio europeo dei dati sanitari (EHDS) di migliorare l’accesso delle persone ai propri dati sanitari elettronici, mantenendone il controllo, e fare da supporto alla ricerca in campo medico e scientifico. O ancora. L’attrattività che il clean-tech può generare nel continente europeo, rafforzando la produzione delle tecnologie necessarie per la decarbonizzazione nel quadro degli obiettivi UE in materia di clima ed energia, ma anche la potenza di calcolo dei supercomputer europei (l’Italia con il suo “Leonardo” a Bologna) e l’espansione nel campo dello spazio e dei gemelli digitali, rispettivamente con i programmi Copernicus e DestinE. 

Sono queste alcune delle potenzialità che l’Unione europea ha messo nero su bianco, quale comun denominatore per crescere e dare slancio al futuro che i cittadini europei chiedono al Parlamento europeo, per un’Europa che sia all’altezza delle aspettative collettive. 

In questi anni, l’Unione europea ha lavorato nel quadro degli obiettivi che si è posta con i pilastri per un’Europa verde e digitale, concretizzando le sfide che si sono presentate in strumenti idonei a rispondere alle esigenze dei nuovi contesti geopolitici e geostrategici. 

Come ha fatto con il Digital Services Act e il Digital Markets Act, rispettivamente la legge sui servizi digitali per rendere l’ambiente online più sicuro, più equo e trasparente e la legge per mercati digitali più competitivi. E con il Cyber Resilience Act, la legge sulla resilienza informatica, un provvedimento che garantisce maggiore sicurezza per cittadini e aziende che acquistano o usano prodotti o software con componenti digitali, come lo sono baby monitor e frigoriferi intelligenti, smartwatch e assistenti vocali, e che potrebbero essere colpiti da cyberattacchi. E infine con l’ultimo arrivato in casa europea, l’Ai Act, il primo regolamento al mondo sull’intelligenza artificiale per proteggere i cittadini e i diritti fondamentali, sostenendo allo stesso tempo l’innovazione. E che fa dell’Unione europea un punto di riferimento in questo settore.

Insomma, lo slogan più straparlato di sempre non è poi così male, se a chiedere all’Europa – e l’Europa – sono i cittadini.  L’Unione europea ha tutte le carte in regola per rispondere. Con l’impegno di attrattività, reindustrializzazione e competitività. E con la visione della persona al centro, nelle dimensioni a domanda di innovazione: del digitale e del green, ma anche del sociale. Ecco che questa può essere la formula dell’innovazione in chiave europea. E allora, ben vengano domande e richieste. E nuove risposte. Dopotutto, l’ha fatto l’Europa. 

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