Il Collaboratore Parlamentare

Il Collaboratore Parlamentare

Un’immersione nel ruolo del collaboratore parlamentare, una figura enigmatica tra i Palazzi di Camera e Senato. Navigando tra politica e tecnica, questa professione affronta le intricanti dinamiche del potere, dove segreti vengono custoditi e sfide uniche caratterizzano il lavoro di chi cammina tra le stanze del potere. Il privilegio e l’onere di osservare da un punto di vista particolareggiato la vita delle istituzioni.

Ma tu che lavoro fai? È difficile rispondere a questa domanda quando a formularla è qualcuno che non vive in quel fazzoletto di Roma che si articola tra Piazza di Pietra, Piazza delle Coppelle e vie limitrofe. Ho fatto la stessa fatica anche quando a pormi questa domanda fu mia madre, ormai quasi 10 anni fa, all’inizio della mia esperienza lavorativa. E penso di essere abbastanza certo del fatto che, dopotutto, ancora oggi non abbia poi realmente contezza di quale funzione io svolga tra i palazzi di Camera e Senato. Sì, perché per i non addetti ai lavori il collaboratore parlamentare è una figura abbastanza sconosciuta e che viene semmai riconosciuta – di più e meglio – come “portaborse”. Una definizione che, complice anche la stagione dell’antipolitica, porta con sé un’accezione negativa dalla quale, chiunque svolga questo lavoro, tende ad allontanarsi.

Per gli addetti ai lavori, invece, il collaboratore è spesso un filtro, uno dei primi riferimenti da tenere in considerazione se si vuole entrare o restare facilmente in contatto con un parlamentare.

Le ragioni per farlo sono molteplici e variegate, ma trovano fondamento, tutte, sugli elementi caratterizzanti di questa figura: la vicinanza con l’istituzione parlamentare, la possibilità di starci a contatto quotidianamente, la fiducia di cui godono.

Un appuntamento in agenda, una comunicazione riguardante un provvedimento, un evento o una tavola rotonda a cui partecipare: possono essere tutte questioni risolvibili in modo più celere ed efficace se vengono poste, nei modi e nei tempi giusti, all’attenzione del collaboratore. Ma nello specifico, cosa fa questa figura? E come si arriva a svolgere questo incarico? Innanzitutto, il collaboratore parlamentare non va confuso con l’assistente parlamentare. 

Quest’ultimo è infatti vincitore di una procedura concorsuale che lo rende dipendente delle amministrazioni di Camera e Senato.

Il collaboratore viene invece scelto su base fiduciaria e pagato con i fondi messi a disposizione dalle rispettive Camere per lo svolgimento dell’esercizio del mandato.

Partendo da questo aspetto si potrebbe disquisire a lungo circa l’estrema debolezza delle regole che il Parlamento si è dato nel disciplinare questa figura. Senza entrare nel dettaglio, è forse qui utile rilevare la profonda differenza con i Parlamenti dei Paesi europei e con lo stesso Parlamento Europeo – per i quali i collaboratori sono figure riconosciute e riconoscibili sotto tutti i punti di vista, a partire da quello contrattualistico – e prendere atto che la mancanza di una disciplina chiara determini un’assenza di trasparenza che rischia di non dare dignità a chi quel ruolo lo ricopre, e di generare altresì pericolosi conflitti di interessi potenzialmente dannosi per il parlamentare, per i cittadini e per il collaboratore stesso.

Solo per fare un esempio, chiunque leggerà questo articolo e proverà a digitare il nome dell’autore su Google, si vedrà restituire informazioni riguardanti l’esperienza fatta in un ufficio di diretta collaborazione al Governo – potendone conoscere ogni dettaglio, da quello relativo alle funzioni svolte a quello economico – ma nulla saprà circa l’incarico svolto dallo stesso in Parlamento. Eppure, nonostante la farraginosità del sistema, il collaboratore parlamentare è a tutti gli effetti una figura che appartiene ai Palazzi.

Ne respira e ne percepisce gli umori, gli odori, i sapori dei caffè delle rispettive bouvettes. È a contatto con gli uffici legislativi e le segreterie dei gruppi, con i giornalisti, con quel circo che ruota intorno alla politica spesso composto da lobbisti, portavoce, consulenti a vario titolo. Egli tocca con mano e viene a conoscenza di aspetti privati di un parlamentare, ne conserva la segretezza, svolge spesso un ruolo di confidente e consigliere. Custodisce gelosamente ciò che rientra nell’alveo di quell’aspetto fiduciario che lo lega al suo parlamentare, che non può mai venire meno e che, tuttavia, lo rende anche estremamente precario. 

Dal punto di vista professionale, sono diversi i compiti che un collaboratore svolge. E sono spesso indicativi del percorso che lo portano dentro i Palazzi: da una parte la politica, dall’altro il tecnico. Nel primo caso, il collaboratore potrebbe arrivare dai partiti, dal mondo delle associazioni, da un impegno sul territorio. È il caso di quei collaboratori scelti tra i le fila dei partiti e che spesso si ritrovano a svolgere un ruolo di segreteria politica, di relazione. Sono gli stessi che poi imparano, laddove ne abbiano capacità e competenza, a svolgere anche mansioni di ufficio stampa, di gestione dei social network, di elaborazione di atti legislativi.

Nel secondo caso, il collaboratore potrebbe invece essere scelto per una propria competenza specifica (legislativo, social, ufficio stampa). E’ utile sapere che il parlamentare che siede in ufficio/consiglio di presidenza, che è Presidente di Commissione oppure è un Questore, potrà avere a disposizione uno staff più articolato. Egli infatti ha a disposizione un plafond più ampio che gli permetterà di assumere più collaboratori, alcuni dei quali a titolo di consulenza, altri attraverso un decreto di nomina. In questo modo essi saranno pagati direttamente dall’amministrazione di Camera o Senato, a differenza di quel che avviene per i collaboratori di senatori “semplici” (alla Camera dei Deputati, da questa legislatura, anche i collaboratori di deputati “semplici” sono pagati direttamente dall’amministrazione e non più dai parlamentari).

Lavorare nei Palazzi non è come lavorare altrove. Me lo ripeto spesso per giustificare le logiche che muovono questo ambiente e che non sempre seguono un filo logico e coerente, che sono legate a doppio filo con le dinamiche complesse e contorte della politica.

Quelle stesse logiche permettono però di avere il privilegio, l’onore e l’onere di vivere da un osservatorio privilegiato la vita delle istituzioni, di camminare e perdersi nel fascino della Sala Maccari, del Corridoio dei Busti, della Galleria dei Presidenti. Ecco perché, quando mi chiedono “che lavoro fai?”, vorrei dire “quello bello!”, ma alla fine rispondo, semplicemente, “il collaboratore parlamentare”. 

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