Valorizzare lo sport oltre la dimensione agonistica

Oggi lo sport non è solo entertainment, rappresenta una vera e propria industria che produce ricchezza e genera occupazione. L’autore sottolinea la necessità di investimenti mirati e di un approccio culturale che vada oltre la dimensione agonistica promuovendo un rapporto più forte e continuativo tra il mondo dello sport, le istituzioni e tutti gli stakeholder.
Quando pensiamo allo sport le prime immagini che prendono forma nella mente sono quelle delle atlete e degli atleti che competono per una medaglia, delle calciatrici e dei calciatori che esultano per una rete o, più comunemente, delle persone che praticano attività fisica. Lo sport è certamente questo ma c’è molto di più.
In Italia lo sport movimenta l’economia e produce occupazione, oltre a rappresentare uno straordinario strumento di crescita e inclusione sociale.
Non è tutto. Un paese nel quale si pratica l’attività sportiva è un paese più sano, che dunque grava meno sul sistema sanitario nazionale. Questo ce lo dicono i dati e le ricerche scientifiche. Lo sport, inoltre, incide sul prodotto interno lordo per quasi un punto e mezzo e impiega più di quattrocentomila addetti. Ogni milione di euro di investimenti pubblici nel sistema sportivo attivano quasi nove milioni di risorse private, a conferma del cosiddetto effetto moltiplicatore del comparto. Se poi compariamo lo sport agli altri settori industriali, scopriamo come il valore aggiunto del comparto supera quello del settore automobilistico, delle filiere del tessile e dell’abbigliamento, e dell’industria farmaceutica.
Accanto alla dimensione economica, è altrettanto importante sottolineare l’impatto sociale che lo sport produce. Chi pratica sport ha più probabilità di sottrarsi al fenomeno dei Neet – quei giovani che non cercano lavoro e non studiano – e della delinquenza giovanile. Lo sport, in sostanza, è un fattore di sostegno allo sviluppo sociale dei giovani, offrendo loro opportunità di crescita, di emancipazione e di inclusione.
Considerare lo sport come un’industria consentirebbe di valorizzarne l’impatto economico e sociale. Crescere oltre la dimensione agonistica è un vantaggio per tutti, che richiede una dialettica più forte tra il mondo dello sport e le istituzioni.
Se tutto ciò è vero, lo sport deve essere considerato come un’industria a tutti gli effetti. Le forze di governo e quelle parlamentari, insieme, devono fare uno sforzo per elevare lo sport a un rango superiore, anche rimediando ad alcune discrasie che si sono create nel recente passato.
Quella più evidente è contenuta nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che destina allo sport solamente mezzo punto percentuale delle risorse complessive. Se è vero che il Piano nasce come risposta allo shock economico, finanziario e sociale causato dalla pandemia da Covid-19, tuttavia il comparto sportivo avrebbe potuto essere uno dei vettori strategici sui quali puntare per la ripartenza. In particolare, maggiori investimenti nelle infrastrutture sportive, annosa questione che ciclicamente si ripropone nell’agenda pubblica, si sarebbero potuti tradurre in un ritorno per l’economia, l’occupazione e per la società in generale.
Considerare lo sport come un’industria consentirebbe anche di fare un ulteriore passo in avanti, di tipo culturale: dargli valore oltre la propria (pur fondamentale) dimensione agonistica vorrebbe dire esporre maggiormente l’industria a un confronto su un terreno di tipo istituzionale. Per trarne i maggiori benefici, le strutture sportive devono dotarsi di competenze, organismi e strumenti in grado di intercettare i provvedimenti legislativi e di dialogare con i decisori pubblici nel modo migliore per rappresentare le proprie istanze. Rafforzare la dialettica tra mondo dello sport e istituzioni permetterebbe, ad esempio, di agevolare l’elaborazione di politiche maggiormente in linea con le richieste del settore. Così come di lavorare a progettualità che siano di sistema, che possano cioè coinvolgere anche altri settori produttivi e che siano funzionali ai bisogni delle comunità e dei territori. E ancora, di rafforzare una logica multistakeholder dove pubblico e privato possano collaborare insieme. Crescere oltre la dimensione agonistica è un vantaggio per tutti.