L’intelligenza artificiale e il futuro dei media: sfide e opportunità

L’intelligenza artificiale e il futuro dei media: sfide e opportunità

Oggi viviamo in una realtà molto complessa. Siamo di fronte a un’impressionante rivoluzione digitale, alimentata soprattutto dagli sviluppi recenti dell’intelligenza artificiale (AI). Una rivoluzione che ha varie caratteristiche, forse mai riscontrate in precedenza. Una prima caratteristica è la disintermediazione resa possibile dalle piattaforme digitali, che ha comportato la rimozione di vari strati di intermediazione dalle catene distributive (supply chain), rendendo il mercato di prodotti e servizi più economico, accessibile e trasparente agli utenti finali. Tanto per citare alcuni esempi, è proprio attraverso una piattaforma digitale che Amazon è riuscita a disintermediare un’intera catena di approvvigionamento per l’e-commerce, Uber il settore del trasporto delle persone, AirBnb il settore della ricettività, e Netflix l’industria dell’intrattenimento.

Un’altra delle caratteristiche più evidenti è la velocità impressionante del cambiamento impresso dalle tecnologie digitali.

Tanto per fare un esempio, le automobili, che rappresentano una tecnologia che ha cambiato profondamente il mondo e la società in cui viviamo, hanno impiegato 62 anni a raggiungere 50 milioni di utenti. Abbiamo quindi avuto 62 anni per conoscere e apprezzare meglio questa tecnologia, per comprenderne pregi e difetti, e per riuscire a regolamentarla per il bene dell’umanità. Di contrasto, la piattaforma sociale TikTok ha impiegato 6 mesi a raggiungere 50 milioni di utenti. Pokemon Go, che ha introdotto la realtà aumentata nel gaming, precedendo di qualche anno le possibili innovazioni del metaverso, ha invece impiegato soltanto 19 giorni. Threads, la piattaforma sociale di Meta dedicata al microblogging ha impiegato soltanto 2 giorni a raggiungere 50 milioni di utenti! In tempi così ridotti, riusciamo davvero a comprendere a pieno la portata di queste nuove tecnologie, ad analizzarne criticità e opportunità, e a valutarne le possibili conseguenze nella nostra società? Questa velocità impressionante di diffusione delle tecnologie digitali sta producendo incredibili tensioni di cui siamo continuamente testimoni, giorno dopo giorno. Ad esempio, profonde tensioni tra innovazione e regolamentazione. Ma anche molte tensioni tra innovazione e comprensione dei fenomeni. Soprattutto se si vive in un paese che ha un problema di competenze digitali, come il DESI (Digital Economy and Society Index) ci ricorda impietosamente ogni anno. Questo è il contesto in cui ci stiamo muovendo in questi ultimi anni e da cui non credo si possa prescindere. 

La rivoluzione digitale ha avuto un grande impatto anche sui media: ha infatti già profondamente modificato la produzione e la diffusione dell’informazione e sono sempre più numerose le persone che tendono a informarsi direttamente attraverso il Web o le piattaforme sociali. Nel mondo dei media il fenomeno della disintermediazione, ossia il venir meno della mediazione dei professionisti dell’informazione, assume un ruolo particolarmente delicato, con conseguenze per nulla scontate. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito alla tendenza a ritenere che anche per informarsi, così come per acquistare biglietti aerei, o altri beni e servizi, si possa fare da soli, liberandosi della mediazione che veniva, e tuttora viene, svolta dai professionisti del settore. È l’illusione forse determinata dalla convinzione che ormai l’accesso all’informazione sia illimitato, e non più condizionato da eventuali interessi economici e politici dei media tradizionali, o dalle visioni del mondo che i mediatori, come i giornalisti, possono imporre all’utente. In questo contesto, la disintermediazione può essere percepita come un modo per sfuggire a questi condizionamenti. Tuttavia, è importante sottolineare che la disintermediazione non garantisce necessariamente un’informazione più accurata e imparziale. Al contrario, essa può portare a un aumento della disinformazione, in quanto i cittadini non sono sempre in grado di valutare criticamente le informazioni che sono disponibili online. L’avvento dell’AI e la disintermediazione nel mondo dei media rappresentano quindi una sfida particolarmente complessa. I media tradizionali devono trovare nuovi modi per rispondere a questa sfida, preservando la propria rilevanza e il proprio ruolo nella nostra società.

Come in altri settori, l’utilizzo dell’AI nel mondo dei media si concentra su due tipi di tecnologie: AI predittiva ed AI generativa. Le tecnologie di AI predittiva sono più tradizionali e vengono utilizzate per identificare e categorizzare informazioni, come notizie, immagini e video. Sono già ampiamente utilizzate da alcuni editori per automatizzare attività come la raccolta e l’analisi dei dati, la moderazione dei contenuti e la distribuzione delle notizie. L’AI generativa viene invece utilizzata per creare nuovi contenuti, come articoli, video e podcast, ed è ancora in una fase di sviluppo, anche se ha il potenziale di rivoluzionare il modo in cui vengono prodotti i contenuti giornalistici. Ad esempio, l’AI generativa può essere utilizzata per creare articoli su argomenti di attualità, tradurre lingue o scrivere contenuti creativi, come poesie o racconti. Tuttavia, l’utilizzo dell’AI generativa solleva non poche preoccupazioni. In particolare, l’avvento di Foundation Model come ChatGPT, Google Gemini o Midjourney se da un lato introduce importanti innovazioni nel mondo editoriale, d’altro canto presenta nuovi rischi, altrettanto rilevanti, sulla disinformazione, sulla proliferazione di notizie false o manipolate (fake news e deep fakes) e sulla tenuta stessa nel medio lungo periodo dei sistemi democratici. Non v’è dubbio, infatti, che le tecnologie di AI siano in grado di offrire un enorme potenziale per migliorare la raccolta, l’analisi, la produzione e la distribuzione delle notizie. I professionisti dell’informazione possono automatizzare processi ripetitivi, analizzare grandi quantità di dati in tempo reale e generare notizie in modalità data-driven, garantendone tempestività e precisione. Ad esempio, ad oggi le tecnologie di AI possono già essere utilizzate per: raccogliere informazioni da fonti diverse e in formati diversi, come testo, immagini e video; possono ancorare le notizie a dati reali, per garantire la loro accuratezza; possono generare contenuti creativi, come articoli, video e podcast. Tuttavia, sistemi di AI generativa possono anche essere utilizzati per creare notizie false o manipolate con una velocità e una scala mai vista prima d’ora. Questo può erodere la fiducia nelle fonti di informazione e, in ultima analisi, nella stessa professione giornalistica.

Come succede in molti altri settori, non possiamo pensare di arrestare lo sviluppo tecnologico: il cambiamento non può essere ostacolato. Piuttosto, va governato attraverso regole che non soffochino l’innovazione ma che siano in grado di evitarne, o almeno mitigarne, le possibili conseguenze negative. Nel mondo dei media è particolarmente importante che le tecnologie di AI siano utilizzate come uno strumento a supporto del lavoro delle redazioni e non come un suo surrogato, supportando le attività dei professionisti dell’informazione, senza però sostituirli, così da preservarne il ruolo centrale nella produzione e diffusione dell’informazione. In quest’ottica, alcuni editori stanno già introducendo strumenti di gestione automatica della complessità di alcune fasi di lavoro, come la raccolta e l’analisi dei dati, aiutando i giornalisti a svolgere le loro attività in modo più efficiente e produttivo. Inoltre, nelle more dell’introduzione di regolamentazioni più specifiche, alcuni editori stanno adottando codici deontologici e linee guida che descrivono come intendono affrontare l’uso dell’AI nella produzione di notizie. Queste linee guida mirano a garantire la trasparenza e l’affidabilità dei contenuti generati da AI, nonché a preservare il ruolo centrale del giornalista nella produzione e diffusione dell’informazione. Inoltre, sembra importante che vengano anche adottate misure per garantire la trasparenza e l’affidabilità dei contenuti generati da AI. Oggi siamo in una fase intermedia in cui le attuali tecnologie di AI, pur essendo in qualche modo note nel mondo della ricerca, non sono ancora implementate su larga scala nel settore dei media: non è ancora chiaro come esse cambieranno il mondo dell’informazione e il modello di business degli editori, visto che l’esplorazione delle reali potenzialità di tali sviluppi tecnologici sembra ancora muovere i primi passi. Non potendo guidare il processo, finora esclusivamente in mano alle aziende big tech per ovvi motivi di risorse e di competenze, sembra importante che gli editori provino a essere dei fast follower, dotandosi di una strategia AI per seguire rapidamente le evoluzioni tecnologiche e coglierne a pieno le potenzialità.

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