Siamo alla fine dell’antipolica?

l risultato delle elezioni politiche del 2022 ha consegnato al Paese un Parlamento con una maggioranza ben definita e un governo con la prospettiva di un’intera Legislatura. Questo comporta non solo il vantaggio di una stabilità assente ormai in Italia in maniera eclatante da dieci anni e – a ben vedere – mai effettivamente esistita. Ma gli attuali equilibri possono offrire anche l’opportunità di stabilire un nuovo e, finalmente, maturo rapporto tra le forze politiche.
Gli anni di Tangentopoli, il bipolarismo muscolare della Seconda Repubblica e, infine, l’emergere di forze dichiaratamente “antipolitiche” hanno sempre più delegittimato la classe politica agli occhi dei cittadini, ampliando la sfiducia e il disimpegno.
I parlamentari – senza distinzioni – sono diventati simbolo di spreco, inefficienza, incapacità.
È evidente che non è e non può essere così, ma anche gli stessi toni dello scontro politico hanno finito per amplificare questo messaggio. Su questo, quasi tutti coloro che hanno fatto politica negli ultimi trent’anni, chi più chi meno, dovrebbero fare autocritica.
Perché, dunque, oggi possiamo trovarci a un punto di svolta? Innanzitutto, perché il rapporto tra i partiti appare più maturo. Anche chi doveva “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” ha fatto ormai i conti con la complicata gestione del potere.
La politica italiana, al di là delle sfide e delle criticità, sta attraversando una fase di maturità.
Le maggioranze trasversali degli ultimi anni hanno favorito almeno una maggiore conoscenza reciproca tra le parti e una responsabilità condivisa negli impegni assunti. Mentre oggi la ritrovata compattezza del centrodestra definisce una linea politica e di governo ben chiara, che dovrebbe spingere anche l’opposizione a ricercare proposte alternative e non solo sterili proteste. Infine, non possiamo dimenticare l’azione di equilibrio svolta sapientemente dal Presidente Mattarella, il quale non a caso gode di una grande fiducia tra i cittadini.
Non m’illudo che tutto questo basti.
Occorre dimostrare che la politica sappia dare al Paese i risultati sperati, sia sul piano economico che sociale. E su questo ciascuno di noi è chiamato a “metterci la faccia”, a spiegare cosa sta facendo e ad assumersi responsabilità. Se i partiti (come i sindacati e gli altri corpi intermedi) sono sempre più visti come soggetti lontani, è importante recuperare quel rapporto diretto tra i politici e i cittadini.
Perquesto,credoche quella degli Italian Politics Award sia una buona idea. Come ho spiegato durante la conferenza stampa di presentazione in Senato lo scorso 17 ottobre, non si tratta di una autocelebrazione della politica, ma di un modo per premiare il merito. Serve a dimostrare che, al di là del colore politico di appartenenza, la stragrande maggioranza del Parlamento è composta da persone che si impegnano e lavorano sinceramente e con dedizione al servizio del Paese. Ed è giusto che i cittadini lo sappiano e lo riconoscano, non certo per fare un favore ai politici, ma per dimostrare a se stessi che il loro voto conta e può anche essere speso bene