Think Tank e policy making. Quale contributo alle politiche pubbliche del Paese?

Il dibattito accademico sulle definizioni dei think tank, o “fabbriche delle idee”, è antico quanto il campo degli studi sui think tank e potrebbero ancora emergere modi nuovi o rinnovati per definirli. Tra le prime e più influenti definizioni di think tank c’è quella proposta da Kent Weaver e James McGann. Loro intendono i think tank come “organizzazioni di ricerca non governative e senza scopo di lucro con sostanziale autonomia organizzativa dal governo e dagli interessi della società come aziende, gruppi di interesse e partiti politici”. “Evidence-based policymaking” è diventata una parola d’ordine alla fine degli anni ’90 (Packwood, 2002). Nel Regno Unito, i “modernizzatori” del nuovo governo “New Labour” (Pawson, 2006; Sanderson, 2003) hanno affermato che il policymaking non dovrebbe più essere guidato da ideologie o interessi di parte, ma semplicemente e chiaramente da high-quality evidence che dimostrano “what works” (Cairney, 2017).
Per McGann, direttore del Foreign Policy Research Institute (Fpri) di Filadelfia, i think tank svolgono una funzione “di filtro” e di “sintesi” per l’identificazione dei policy issues rilevanti, delle soluzioni, e dei metodi per attuarle.
McGann pone su un continuum i diversi modelli di think tank: a un’estremità quelli che si dedicano a promuovere soluzioni politiche, in un quadro di dibattito aperto e plurale, che favorisce il controllo dell’azione di governo e rende più responsabile (accountable) il ruolo del decisore pubblico; all’altro capo quelli che hanno una propria agenda politica, riducendosi talora a espressione di “interessi speciali”. Va notato che tipologie alternative di think tank sono state offerte da altri analisti.
Numeri alla mano
Passiamo ai dati, secondo l’analisi condotta da Openpolis nell’edizione 2020 del report Cogito ergo sum, nel periodo che va dal 2015 al 2020 sono stata 153 le organizzazioni censite. Ancora si contano 3.033 persone che hanno incarichi nei think tank analizzati. Infine, conclude lo studio, 1 su 3 dei membri dell’organo decisionale dell’associazione o fondazione risulta essere un politico.
Gli Stati Uniti e il Council on Foreign Relations
Volgendo lo sguardo oltreoceano, l’ultima edizione del “Global Go To Think Tanks Report” del Lauder Institute dell’Università della Pennsylvania stima che nel mondo ci sono circa 11,175 think tanks. Ancora, secondo l’ultimo rapporto del “Think Tank and Foreign Policy Program” del Foreign Policy Research Institute (Fpri) di Filadelfia, il numero dei think tank nel mondo è in costante e vertiginosa ascesa. Guida il Nord America, dove sono presenti 1912 centri, seguito dall’Europa occidentale (1750) e dall’Asia (1183). Secondo il rapporto, le istituzioni italiane che si possono definire think tank sono ben 88, mentre sono quattro i centri citati in classifica: l’Istituto affari internazionali (IAI), l’Istituto Bruno Leoni (IBL), e poi l’Aspen Institute e il Centre for Economic and International Studies (Ceis) di base all’Università di Tor Vergata di Roma.
Tra i più antichi, il Council on Foreign Relations (CFR) è un prestigioso think tank nato nel lontano 1921, all’indomani della I Guerra Mondiale, sotto la presidenza di Woodrow Wilson. Dopo i difficili negoziati della Conferenza di Pace di Parigi del 1919, un gruppo di diplomatici, investitori, ufficiali e avvocati conclusero che gli Americani avessero bisogno di essere preparati meglio in virtù delle significative responsabilità e dei processi decisionali negli affari internazionali. Dal 1922 il Cfr pubblica Foreign Affairs, autorevole rivista per gli affari internazionali e la politica estera degli Stati Uniti. I presidenti, da Kennedy a Nixon, da Roosevelt a Obama, hanno espresso la loro opinione sulle pagine di Foreign Affairs. Tra i soci del CFR, si possono annoverare rappresentanti delle istituzioni in posizioni di alto livello all’interno del Congresso e della Casa Bianca.
La Meloni e il Grotius Prize
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto lo scorso aprile il Grotius Prize dal centro studi Policy Exchange. Il premio, pensato per onorare “posizioni in difesa dell’ordinamento internazionale basato sul diritto”, in memoria del giurista del Seicento olandese Hugo Grotius. Policy Exchange è un importante think tank di politica estera, fondato nel 2002 al fine di rinnovare la piattaforma politica del partito conservatore nel post lady di ferro.
E l’Europa?
In uno studio BEPA, Antonio Missiroli e Isabelle Ioannides hanno sostenuto che i think tank stanno favorendo lo sviluppo di una sfera pubblica europea comune poiché “plasmano sia le aspettative che le percezioni riguardo alle politiche dell’UE, con un crescente accesso ai vecchi e nuovi media a livello nazionale, continentale e internazionale”. Donald E. Abelson, in un articolo pubblicato su International Affairs, ha sottolineato che a causa degli ostacoli metodologici è difficile determinare l’influenza dei think tank, ma ha aggiunto che “i direttori dei think tank restano convinti che i loro istituti esercitano un’enorme influenza”. Si evidenzia, quindi, la necessità di un metodo per acquisire dati significativi sull’argomento.
In conclusione, si nota come il ruolo e l’influenza dei think tank sul processo decisionale sta attirando una crescente attenzione politica e accademica.